Dallo sciacallaggio digitale alla riscostruzione

di | 12 Aprile 2020

E’ giunto il momento della ricostruzione e di definire i prossimi passi per costruire una rete di protezione che aiuti i cittadini in difficoltà anche osservando i fenomeni accaduti durante questo periodo di quarantena: dallo sciacallaggio digitale alle mutate condizioni lavorative.

Apparentemente il virus sembra intenzionato a ritirarsi ma non dobbiamo permettere che dalle sue macerie invece che una laboriosa ricostruzione cominci l’era degli approfittatori e degli avvoltoi.

La trasformazione determinata dal Coronavirus impone un cambiamento che va colto subito e, proprio perché l’intervento pubblico appare imprescindibile, questo deve riuscire a completare il processo di digitalizzazione delle imprese italiane attive nel commercio e nei servizi. Una volta superata la crisi sanitaria, queste aziende devono riconvertirsi, sfruttando il fatto che una quota consistente delle loro attività è immateriale e basata sui servizi a distanza senza bisogno di contatti fisici.

Non è difficile immaginare che le città post covid-19 saranno diverse con meno trasporti pubblici e meno auto private e con le case trasformate in luoghi di lavoro tecnologici. Il Coronavirus ha dato consapevolezza ai manager delle grandi aziende che lavorare da casa, non solo si può, ma è la via per migliorare la produttività riducendo i costi operativi ed aumentando il senso di responsabilità dei dipendenti.

 

La costituzione di una task force guidata da Vittorio Colao per progettare il futuro dell’Italia deve puntare ad una riforma del mercato del lavoro, allo sviluppo delle reti sicure e all’educazione digitale andando a colmare un gap che l’Italia ha da tempo per stendere una vera e propria rete di protezione.

L’Italia, come noto, è un paese senza trincee: siamo ultimi per crescita del PIL nell’area UE, negli ultimi posti come percentuale di laureati ed occupati, insufficiente livello di cultura digitale di base ed un debito pubblico spaventoso.

Gli avvoltoi della finanza sono stati tenuti a bada con il “Quantitative Easing” della BCE che ha rappresentato una sorta di boa di salvataggio per l’Italia evitando la deflazione ed il pagamento di alti interessi sul debito pubblico. Allo stesso modo occorre ora trovare una nuova scialuppa di salvataggio per il cittadino italiano con un insufficiente livello di cultura digitale.

La rete di protezione è un piano che aiuti a superare una situazione di crisi. Ne serve uno per ripartire e sopravvivere ed un altro per difenderci. Quindi non basta sapere cosa succederà nel breve termine con la data di apertura delle pizzerie e ristoranti, non bastano i sussidi che hanno durata limitata ma occorre allargare l’orizzonte temporale.

A lungo termine non ci si deve limitare ad avere una maggiore diffusione della banda larga né tantomeno a migliorare i servizi pubblici digitali, dove molti passi avanti sono stati fatti, ma soprattutto bisogna focalizzarsi nel colmare la rilevante carenza di competenze digitali.

In questi giorni abbiamo visto quanto difficile sia avere una scuola digitale proprio perché la diffusione della tecnologia, non risulta supportata da risorse adeguate a superare le attuali criticità esistenti (adeguamento strutture scolastiche, aggiornamento competenze del personale docente in primis).

Abbiamo visto gli sciacalli digitali ovvero cyber-attaccanti, in erba o navigati, criminali digitali, gruppi organizzati che hanno cavalcato l’onda, sfruttando le preoccupazioni delle persone ed il telelavoro per diffondere altri virus ma questa volta digitali, siti fraudolenti COVID19, finte mappe di conteggio contagi, fake audio whatsApp, link a risorse fasulle e infette e naturalmente copiose mail di phishing.

Potrà sembrare strano che il viatico verso la ricostruzione passi dall’avere cittadini digitali consapevoli ma una rete di protezione basata sui soli sussidi consentirebbe si una ripartenza ma ci lascerebbe senza armi di difesa nei confronti di multinazionali e di popoli più attrezzati.

Dobbiamo avere dei docenti capaci di insegnare ad essere maturi ai tempi del digitale, cogliere l’opportunità dell’insegnamento a distanza, spiegare che Internet è un modo sconfinato dove bisogna imparare a cercare e valutare le fonti.

Dobbiamo avere dei professionisti che sanno esporre su Internet i computer dell’ufficio in modo sicuro senza mettere a rischio la sicurezza dei propri dati e danneggiare la produttività della propria azienda.

Non possiamo infine non segnalare per la ricostruzione post COVID-19 la necessità di completare il processo di digitalizzazione del commercio al dettaglio sicuramente il settore più colpito dagli effetti del Coronavirus. In questo caso aziende avvoltoi come Amazon hanno visto incrementare i propri profitti dal 30% al 40% perché già attrezzate per la consegna a domicilio a discapito dei negozi rimasti chiusi per decreto.

Nell’attesa che l’UE trovi il giusto bilanciamento tra il sistema di tassazione delle Internet Company e del mercato off-line è opportuno dotare quest’ultimi di strumenti che aumentino i profitti. I negozi fisici devono avere una vetrina web con reso e spedizione gratuita, la geo referenziazione su internet, la profilazione degli utenti, l’automazione delle vendite tradizionali o lo sviluppo di quelle online in negozio. Anche in questo caso è necessario tuttavia formazione e cultura digitale dei lavoratori superando l’attuale frammentazione che può condizionare l’innovazione digitale.

Dobbiamo ricominciare dal ricostruire un comune sentire ed una comune visione aperta e moderna di quale sia il nostro senso di comunità e di convivenza civile. Si tratta di un piano a medio o lungo termine ma è una storia in cui credere e di cui abbiamo bisogno per resistere, rinascere e vincere. 

 

 

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